
Avendo abbracciato il suo destino di Guerriero Dragone, il panda Po non ha però risolto un dilemma nodale: da dove viene? Domanda che dovrebbe nascere più che spontanea, dal momento che suo "padre" è un'oca. Ricordi confusi, generati dall'incontro con un crudele pavone dittatoriale con esercito distruttore al seguito, nascondono la verità sulla scomparsa dei suoi genitori. A dispetto dell'evocativa ricerca della pace interiore, impresa sulla quale ruota la storia, Kung Fu Panda 2, primo lungometraggio d'animazione ad alto budget diretto da una donna da sola, Jennifer Yuh Nelson, appare narrativamente meno ricco del prototipo. Alla DreamWorks si usano temi classici, nel caso specifico la ricerca delle origini e lo scontro con una nemesi eterna, per puntare a uno spettacolo non profondo ma solido e appagante. Impresa riuscita perfettamente nel primo film, ma qui incrinata da alcuni obblighi che la creazione di una saga si porta dietro: in particolare il problema principale è nell'attenzione ai comprimari, non ben calibrata. I colleghi Cinque Cicloni, insieme al Maestro Shifu, fondamentali nel film precedente, sono nei fatti trascinati forzatamente in questo seguito, mentre altri personaggi secondari fanno numero ma appaiono senza lasciare il segno. La scelta di mettere a fuoco protagonista e antagonista, Po e il pavone Lord Shen, aumenta la linearità del racconto, a favore di una messa in scena che punta più alla massima resa dinamica dell'azione. Tutto ciò non compromette la godibilità dello spettacolo, e ribadisce ancora una volta una significativa inversione di credibilità tra l'action hollywoodiano sempre più astratto e la paradossale tangibilità del cartoon contemporaneo. Immersi in un'atmosfera cinematografica che si ciba di ottimi esempi (facile cogliere echi visivi del Signore degli Anelli ), ci si sorprende a parteggiare per l'eroe d'avventura Po più che per l'ultimo Indiana Jones. Reazione forse riconducibile alla facilità con cui l'antropomorfismo fonde naturalmente la serietà delle situazioni con i paradossi umoristici. Che la formula funzioni anche a dispetto di una sceneggiatura diseguale è il miglior risultato raggiunto dal cartoon moderno, già da anni non a caso accettato non più soltanto dai bambini. La speranza è che non si vada verso la stanchezza della più spolpata serie di Shrek.
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